Eva Colombo, I fiori ed il mare, capitolo settimo: La verbena canicolare (
Ispirato dal quadro di Pierre Puvis de Chavannes Ragazze in riva al mare, 1879 )
Il sole è tramontato e la luna non sorgerà. Non ci saranno ombre stanotte, e
sarà come se il tempo non esistesse. Sono i giorni della canicola e l’ombra
della meridiana è talmente scura e tagliente da sembrare un coltello di
ossidiana che pungola il sole esasperandone la ferocia per poi ferirlo a morte.
Ora il sole è precipitato dietro l’orizzonte, il cielo è tinto del suo sangue e
la luce del crepuscolo è bella come chi muore per rinascere. In piedi sulla riva
del mare tu guardi quel bagliore rossastro e vorresti afferrarlo come se fosse
una pietra preziosa, vorresti prenderlo al laccio dei tuoi capelli perché la tua
bellezza possa splendere per sempre. Ma quando la notte avrà spento l’ultima
brace del crepuscolo ti sembrerà di avere cenere tra i capelli e le lacrime
cocenti che ti scivoleranno sulle guance saranno le ultime gocce d’acqua in una
clessidra. Allora sentirai accanto a te qualcosa di fresco, qualcosa di vivo: la
verbena, la pianta esile e tenace che prospera sulla sabbia. Guardando da vicino
un minuscolo fiore di verbena ti accorgerai che è come una stella che ha il
colore dell’alba, e saprai che la stella Sirio sta per sorgere. E ricorderai che
sei venuta alla luce presso lo stesso mare in cui il Nilo trova pace. Ricorderai
che sei venuta alla luce quando Sirio innalza le acque del Nilo e sul fertile
limo nero come i tuoi occhi splende un’uva che ha il bagliore rossastro dei tuoi
capelli ed il sangue del sole ne inturgidisce i grappoli che diventeranno un
vino dolce come la voce di chi ti ama. E sentirai quella voce dire che tu sarai
per sempre bella come la luce del crepuscolo, come chi muore per rinascere. |