Eva Colombo, Musica per donne d’acqua, capitolo secondo: Fiumi che non hanno
pace
Non posso restare qui. No, davvero. Lo so che il cielo è scuro, che c’è
vento, che sta tuonando. Ma chiusa qui dentro non posso più stare. Soffoco.
Davvero. No, non sono un’incosciente…cammino veloce, corro veloce se necessario.
Ce la farò ad arrivare prima del temporale. È luglio, sono appena le sei di
sera, il cielo è scuro ma non è ancora notte…non posso restare qui. Veloce,
ecco…le linee di kajal sulle mie palpebre sembrano punti di domanda sbavati: non
importa, dove sono diretta nessuno farà caso agli interrogativi che i miei occhi
pongono. Lì il vento è libero di gridare a perdifiato nel vano della porta
sempre aperta e le venature delle foglie contro le vetrate sono come le linee
del palmo della mano di chi ama il proprio destino…di chi ama chiunque faccia
parte di quel destino. Non posso restare più chiusa qui dentro, seduta sul mio
letto a guardare il cielo mentre tutti intorno sprangano finestre e strattonano
persiane. Ho passato la notte così, seduta sullo stretto margine del mio letto a
guardare il cielo ed una sottile luna calante, una luna paonazza che sembrava
soffocare dentro i propri margini troppo stretti. Il vento caldo la increspava
ed arroventava ed io speravo che quel rivolo di luna traboccasse, che
travolgesse quegli argini asfissianti…Cercavo le parole per raccontare la nostra
storia e non le trovavo. Allora mi rigettavo sul letto e non dormivo. Soffocavo.
Il mio corpo è sottile e leggero ma la mia anima è ingombrante e pesante… il mio
letto è stretto, troppo stretto. Chiudevo gli occhi e la mia anima traboccava
dal mio corpo, travolgeva gli argini asfissianti del mio letto ed irrigava i
fogli bianchi sulla scrivania… e le parole che cercavo germogliavano. Ma no…i
miei occhi aperti vedevano i fogli ancora spettralmente bianchi, desolatamente
aridi. Del resto, nessuna parola avrebbe potuto germogliarvi perché non vi era
stato gettato alcun seme…
Silent woman in the night, you came / Took my seed from my shaking frame / Same
old fire, another flame / And the wheel rolls on…
( Led Zeppelin, The Wanton Song, Physical Graffiti )
Una volta in una notte come questa non avevo bisogno di parole, mi bastava
essere come il vento. Quel vento caldo che ti scuoteva attizzando il tuo fuoco,
facendo sprizzare scintille dalla tua fiamma… scintille che ti illuminano per un
istante e te ne ricordi per sempre. Quel vento caldo che soffiava sul tuo fuoco
giocando a nascondino tra i raggi della ruota dell’esistenza perché voleva
continuare, continuare per sempre. Ma le scintille abbagliarono quel vento per
un istante ed in quell’istante il vento urtò un raggio della ruota e la ruota lo
scaraventò lontano da te…
Traversed the planet, when heaven sent me / I saw the kings who rule them all /
Still by the firelight and purple moonlight / I hear the rested rivers call
And the wind is crying / From a love that won’t grow cold / My lover, she is
lying / On the dark side of the globe
( Led Zeppelin, The Rover, Physical Graffiti )
So che mi hai cercata quaggiù, in questo strano mondo in cui è la regola dormire
di notte…perfino in una notte d’estate come questa. Per sopravvivere qui ho
imparato a trascorrere le notti in un letto troppo stretto per la mia anima,
cercando parole perché il sonno non arriva…Sono cambiata, certo. Ma la mia anima
no, è sempre la stessa. E non ho dimenticato nulla. Quel rivolo di luna calante
paonazza perché soffoca tra argini asfissianti mi ricorda un’altra luna. Una
luna che era purpurea come il sole al tramonto, il tramonto di una giornata
d’estate troppo lunga per chi desidera la notte…Guardavamo quella luna color del
tramonto e sapevamo che le notti d’estate sono brevi, e preziose. Ora guardo
quel rivolo di luna paonazza come chi sta per soffocare e so che è meglio
chiudere gli occhi. Dovrei riposare, lo so. Ma come fa a riposare chi si sente
un fiume costretto in un letto dagli argini asfissianti? Vorrei gridare, e non
posso. Vorrei che quel vento caldo che arroventa quel rivolo di luna gridasse
per me, ti chiamasse. Tu puoi ancora sentirlo, lo so…perché non sei diventato
uno che deve dormire di notte. Perché non sei condannato a trascorrere una notte
d’estate prigioniero di un buio senza scintille. Vorrei almeno poter dormire, e
sognare. E rivivere in sogno quel che accadeva una volta in una notte come
questa…
With blazing eyes you see my trembling hand / When we know the time has come /
Lose my senses, lose command / Feel your healing rivers run…
( Led Zeppelin, The Wanton Song, Physical Graffiti )
Una volta in una notte come questa non cercavo parole guardando fogli bianchi.
Quando la tua fiamma si specchiava nei miei occhi diventavo come quei fiumi che
non desiderano riposare ma correre in soccorso del fuoco quando il fuoco non ce
la fa più a sopportare la tensione della propria fiamma…
No, non dormo. Non posso sognare quel che sono stata. Posso soltanto ad occhi
chiusi vedere quella che sono adesso: un fiume che dovrebbe riposare e invece
non ha pace in un letto dagli argini asfissianti. Un fiume che vorrebbe
chiamarti con la voce del vento ma non trova le parole, trova soltanto le parole
degli altri. I versi dei Led Zeppelin. I versi di Dante, le parole purpuree di
Francesca da Rimini. Lei sì che sa gridare nel vento…
Siede la terra dove nata fui / Su la marina dove ‘l Po discende / Per aver pace
co’ seguaci sui
( Inferno, Canto V, vv. 97 – 99 )
Ora vivo in una terra che non è lontana da quella di Francesca, anche qui i
fiumi stanno per trovare pace nell’ Adriatico. Eppure quando cammino accanto a
loro mi danno l’impressione di desiderare non la pace della foce ma la tensione
del suo approssimarsi…
Basta. Non posso più restare qui. Ora non è più notte e non è ancora notte. Sono
appena le sei di sera di luglio anche se il cielo è scuro, c’è vento, sta
tuonando. Correrò più veloce del temporale e giungerò dove potrò guardare dalle
vetrate i fulmini che illuminano il cielo. Una volta credevano che i fulmini
avessero la capacità di fecondare. Magari qualche scintilla di quei fulmini
illuminerà anche i miei occhi e quando rientrerò nella mia stanza guardando i
fogli bianchi sulla scrivania vi vedrò germogliare le parole per raccontare la
nostra storia. |
Eva Colombo, Music for water women, second chapter:
Rivers that cannot rest
I can’ t stay here any longer. Really. I am well aware that the sky is dark,
there is wind, it is thundering. But I can’t stand any longer of being shut away
in my room. I’m choking. Really. No, I’m not an irresponsible person…I’ll walk
fast, I’ll run fast if it will be necessary. I will be able to arrive before the
storm. It is July, it is still afternoon, the sky is dark but it isn’t night
yet…I can’t stay here any longer. Quickly…the kajal on my eyelids seems to trace
two blurred question marks : it doesn’t matter, where I’m going to no one will
pay attention to the questions asking by my eyes. There the wind is free to cry
in the door opening and the venations of leaves against the glass door are as
the palm’s lines on the hand of who loves destiny…who loves everyone belonging
to that destiny. I can’t stand any longer of being shut away here in my room,
sat on my bed looking at the sky while everybody around me is shutting windows
and tugging blinds. I’ve passed the night in this way, sat on the narrow edge of
my bed looking at the sky and at a narrow waning moon, a purple moon who seemed
to choke inside too narrow edges. The hot wind rippled and made her red – hot
and I hoped that moon rivulet would overflow, would sweep away those choking
banks…I was looking for those words fit to tell our tale and I wasn’t able to
find them. Then I flung myself again on my narrow bed and I wasn’t able to
sleep. I was choking. My body is slim and light whereas my soul is cumbersome
and heavy…my bed is narrow, too narrow. I closed my eyes and my soul overflowed
from my body, swept the choking banks of my bed away and watered the blank
sheets on my writing – desk…and those words I was looking for sprouted. And
yet…my open eyes saw the sheets still ghostly white, sadly blank. However, no
words would be able to sprout on that sheets since no seed had been sown in
them…
Silent woman in the night you came / Took my seed from my shaking frame / Same
old fire, another flame / And the wheel rolls on…
( Led Zeppelin, The Wanton Song, Physical Graffiti )
Once upon a time during a night like this one I felt no need of words, I needed
only to be as the wind. That hot wind which shook you stirring up your fire,
making your flame sparking… sparks that illuminate you for a moment and forever
you remember them. That hot wind which blew your fire while playing hide – and –
seek among the spokes of the existence’s wheel because it would keep on, keep on
forever. But sparks dazed that wind for a moment and in that very moment the hot
wind bumped against a spoke and the wheel flung that wind far from you…
Traversed the planet, when heaven sent me / I saw the kings who rule them all /
Still by the firelight and purple moonlight / I hear the rested rivers call
And the wind is crying / From a love that won’t grow cold / My lover, she is
lying / On the dark side of the globe
( Led Zeppelin, The Rover, Physical Graffiti )
I know that you’ve looked for me here below, in this strange world where it is a
general rule to sleep at night, even at a summer night like this one. In order
to survive here I’ve learned to pass summer nights on a bed too narrow for my
soul, looking for words because sleep doesn’t come… I’ m changed, sure. But my
soul is still the same. And I didn’t forget anything. That rivulet of waning
moon purple because she is choking between choking banks recalls to me another
moon. A moon that was purple like the sun at sunset, the sunset of a summer day
too long for whom that longs for night…We looked at that purple - sunset moon
and we knew that summer nights are short, and precious. Now I look at that
purple – choking moon and I know it’s better to close my eyes. I should have
some rest, I know. But how can I rest if I feel like a river forced into the
choking banks of a too narrow bed? I wish to cry, and I can’t. I wish the hot
wind who is making that moon rivulet red – hot cries in place of me, calling
you. You are still able to hear that wind, I know…since you are not turned into
a person forced to sleep at night. Since you are not damned to pass a summer
night imprisoned into a darkness with no sparks. I wish at least to be able to
sleep, and to dream. And dreaming to live again what happened once upon a time
during a night like this one…
With blazing eyes you see my trembling hand / When we know the time has come /
Lose my senses, lose command / Feel your healing rivers run…
( Led Zeppelin, The Wanton Song, Physical Graffiti )
Once upon a time during a night like this one I wasn’t looking around for words
looking at blank sheets. When your flame was mirrored into my eyes I turned into
one of those rivers that don’t long for rest but to run to the aide of fire when
fire can’t stand any longer the tension of its flame…
No, I don’t sleep. I can’t dream what I have been. I can only see with closed
eyes who I am now: a river that should have some rest and yet it finds no peace
into the choking banks of a too narrow bed. A river that wishes to call you with
the voice of the wind but it finds no words, it finds only the words of somebody
else. Led Zeppelin lyrics. Dante lyrics, the purple words of Francesca da
Rimini. She knows indeed how to cry in the wind…
Sitteth the city, wherein I was born, / Upon the sea – shore where the Po
descends / To rest in peace with all his retinue
( Dante Alighieri, Divine Comedy, Inferno [ Hell ], Canto V, vv. 97 – 99 )
Now I live on a land which is not far from that one of Francesca, here too
rivers are going to rest in peace into the Adriatic. And yet when I walk by
their side they don’t seem to me longing for the peace of the outlet but for the
tension of its approaching…
Enough. I can’t stay here any longer. Now it is no longer night and it isn’t
night yet. It is just six o’ clock of a July evening even if the sky is dark,
there is wind, it is thundering. I will run faster than the storm and I will
reach the place where, through the glass door, I can look at lightning that
illuminate the sky. Once upon a time there was the belief that lightning were
able to fecundate. Perhaps some sparks from those lightning will illuminate my
eyes too and when, back into my room, I will look at the blank sheets on my
writing – desk I will see sprouting on those very sheets the words fit to tell
our tale. |