Eva Colombo, Occhi che vedono al buio, capitolo settimo: Fiori che sperano (
Ispirato dal quadro di Maximilian Lenz A World, 1899 )
Devo uscire da qui. Devo vedere le stelle stanotte. Le stelle d’inverno sono
come uno sguardo che ti mette i brividi, e grazie a quel brivido ti ricordi di
essere vivo. Le stelle d’inverno sono come uno sguardo che ti raggela: ti fermi
per un istante e ti ricordi di essere vivo e di stare andando da qualche parte.
Lo so, dicono che non si possa uscire da questo vicolo cieco. Dicono che devi
accontentarti di luci artificiali, false stelle che non portano da nessuna
parte. Vogliono che la tua vita scivoli via danzando danze senza senso,
sbattendo contro i muri di un vicolo cieco. Ma io so che questo vicolo cieco è
il meandro di un labirinto, e so che un labirinto ha sempre un’uscita. Ed io
devo uscire da qui perché devo vedere le stelle stanotte. Sarò come l’acqua che
trova sempre la sua via, sarò come il vento che si insinua ovunque. Uscirò dal
labirinto, scivolerò sulle strade come un baluginio azzurro d’acqua e vento ed
altre fuggitive si uniranno a me. Raggiungeremo quel prato dove i fiori sono
stati tenuti in vita dalla speranza del nostro ritorno, alzeremo gli occhi al
cielo e non vedremo le stelle. Il cielo sarà ingombro come gli occhi di chi non
osa piangere perché gli hanno detto che piangere è inutile. Allora ci prenderemo
per mano e saremo un vortice azzurro per ricordare alle nuvole il mare da cui
sono sorte. Allora agiteremo le fronde degli alberi e saremo un’azzurra folata
per ricordare alle nuvole il vento che le ha condotte fin lì. E le nuvole si
commuoveranno e piangeranno le lacrime che gli uomini non hanno avuto il
coraggio di versare, e noi vedremo di nuovo le stelle. |