Eva Colombo, Occhi che vedono al buio, capitolo quinto: Il salice indimenticabile ( Ispirato dal quadro di Edward Robert Hughes Whispers on the Wind )
 
Eva Colombo, Occhi che vedono al buio, capitolo quinto: Il salice indimenticabile ( Ispirato dal quadro di Edward Robert Hughes Whispers on the Wind )
Cammino spedita lungo il fiume, al crepuscolo. È quasi buio ed i passanti che incrocio hanno paura di me perché non ho una torcia eppure vedo. Se si fermassero a parlare con me spiegherei loro che non serve una torcia quando si cammina al crepuscolo lungo questo fiume: il cielo che si riflette nell’acqua è sempre più chiaro degli argini che lo contengono. Ma chi ha paura di me non vede il cielo nel fiume ed i miei grandi occhi neri gli sembrano abissi in cui rischia di precipitare, il bagliore rossastro che erra tra i miei capelli un principio d’incendio che non può domare. Se si fermasse a parlare con me gli spiegherei che cammino così spedita perché non vedo l’ora di giungere oltre l’ansa del fiume: là troverò chi non ha paura di me perché si ricorda di me e sa che il nero dei miei occhi è come il nero della terra dissetata dalla pioggia, il bagliore rosso tra i miei capelli castani è come il bagliore del tramonto che indora le cortecce degli alberi. Sì, sono certa che oltre l’ansa del fiume troverò coloro che si ricordano di me. Ho indossato un vestito che ho tessuto con le foglie cadute dal salice in modo che possano facilmente riconoscermi: ero come un salice piangente, mi dicevano, perché sempre cercavo l’acqua e sempre mi commuovevo ascoltando lo scorrere dell’acqua. Ma ora che sono giunta all’ansa del fiume un vento di tempesta mi grida di fermarmi ed il cielo scompare dietro nuvole che sono nere come l’ombra nel vano di una porta che sta per chiudersi. Non posso proseguire, forse non mi hanno riconosciuta. Allora leggo le parole scritte con l’inchiostro delle nuvole sull’acqua, le grido perché oltre l’ansa del fiume possano sentirmi, perché possano essere certi che sono veramente io: ma il vento grida talmente forte che le mie grida sembrano sussurri. Allora affido ad un airone queste parole perché il becco dell’airone è acuminato come il fulmine e le sue penne hanno lo stesso pallore spettrale della luce del lampo: la tempesta non lo fermerà. Il mio airone porterà il mio messaggio oltre l’ansa del fiume a coloro che si ricordano di me e che sanno che solo io sono in grado di decifrare quel che è scritto con l’inchiostro delle nuvole sull’acqua di questo fiume. Allora il grido del vento diventerà un mormorio di benvenuto e le nuvole allontanandosi sfioreranno le mie spalle come ali ed il riflesso della luna sull'acqua sarà come un volto che riemerge dalle profondità della memoria… e giungerò oltre l’ansa del fiume. E siccome sarà ancora notte ed io sarò tanto stanca mi accoccolerò sulla riva del fiume e dormirò come un ramo di salice cullato dal vento.