Eva Colombo, Un racconto che non può essere raccontato, capitolo primo: Donne la cui vita non fluisce
È notte e non dormo. Non piove più. Per tutto il giorno il tambureggiamento ipnotico della pioggia ha percosso il mio ombrello, ed ora che sono finalmente al riparo non piove più. Ma sono davvero al riparo? Sento ancora quel tambureggiamento…non è più la pioggia, chissà cos’è. È stato uno di quei giorni di novembre in cui la mia vita anziché fluire si accartocciava come una foglia morta…tutte le strade che percorrevo sembravano scale di Escher, gli occhi di tutti quelli che incrociavo sembravano vicoli ciechi. Ed ora non posso dormire anche se gli occhi mi lacrimano per la stanchezza…qualcosa ancora percuote le mie tempie con un tambureggiamento ipnotico. Non è la pioggia, non sono le mie lacrime…e nemmeno il mio cuore. Va bene, lo confesso…io so cos’è che tambureggia nel cuore della notte. È un racconto che non può essere raccontato, un racconto che io conosco…e che non racconterò, non posso, non voglio raccontarlo. Ma il suo tambureggiamento ipnotico non mi lascia dormire e mi costringe a sporgermi pericolosamente su di lui, a guardarlo. Devo pur lasciar filtrare qualcosa di questo racconto, devo pur portarne alla luce qualche frammento se voglio meritarmi un po’ di sonno. Ma la mia voce trema…come potete comprendere quel che devo raccontare se la mia voce trema con un gorgoglio da lavandino intasato…i miei occhi stanchi lacrimano mentre guardo qualche frammento di questo racconto riemergere…va bene, mi limiterò a descrivere questi frammenti, non sono in grado di fare altro. Il tambureggiamento continua: chiaro e preciso, così reale…magari le mie parole potessero arrivare a voi altrettanto chiare e precise, altrettanto reali…
Il primo frammento è questo. Una notte di novembre, una giovane donna la cui vita non fluisce che guarda la Lady di Shalott ritratta da John William Waterhouse nel 1888. Guarda il suo abito bianco ed i suoi capelli rossi, la mano che sgancia la catena che tiene ormeggiata la barca e le labbra che si socchiudono per esalare il canto del cigno. Guarda la Lady di Shalott che ha intravvisto per un istante l’amore riflesso in quello specchio che per lei era tutta la vita fino al momento in cui vi ha intravvisto l’amore…e lo specchio si è rotto… Guarda la funerea barca nera e l’acqua del fiume che non ricongiungerà la Lady di Shalott alla vita…Ed improvvisamente la giovane donna la cui vita non fluisce ricorda qualcosa. Era il novembre del 1967, a San Francisco. La Lady di Shalott dall’abito bianco ed i capelli rossi ondeggiava fluida sul poster che Bob Masse aveva disegnato per il concerto di Janis Joplin all’Avalon Ballroom, sabato 25 novembre 1967. Sì, ecco dove l’aveva vista: quella sera all’Avalon Ballroom c’era anche la Lady di Shalott. L’oro rosso dei suoi capelli illuminava sentieri ignoti che lei non vedeva l’ora di percorrere, le sue mani intrecciavano corde con cui dare l’assalto al cielo, i suoi piedi nudi ballavano sui cocci dello specchio senza ferirsi…
Il secondo frammento è questo. Una notte di novembre, una giovane donna la cui vita non fluisce che guarda la Proserpina ritratta da Dante Gabriel Rossetti affacciarsi da una delle finestre della copertina dell’album dei Led Zeppelin Physical Graffiti, 1975. La giovane donna la guarda e ricorda di averla già vista…non nel caseggiato di Manhattan che compare sulla copertina del disco ma in un altro edificio di Manhattan: quello degli Electric Lady Studios. Sì, ne è certa: era una groupie dallo sguardo triste e l’abito che sembrava fatto d’acqua increspata dalle vibrazioni del rock. L’aveva vista scendere una scala che conduceva ad uno scantinato dove questa groupie malinconica sosteneva di poter sentire lo sciabordare del Minetta Creek ( il corso d’acqua sotterraneo che percorre Manhattan ). Sì, andava lì per ascoltare l’acqua e per pensare…da sola, al buio. E mentre il fumo della sigaretta le carezzava il volto, pensava. Pensava agli artisti che in quello stesso edificio stavano creando le loro opere d’arte modellando l’argilla che lei stessa aveva preso per loro dal letto del fiume nero della sua malinconia. Dicevano che lei era una musa, la loro musa. E lei sapeva che le muse sono dee connesse alla memoria ed alla luna…la luna scompare e riappare, cambia volto e resta sempre la stessa. Si domandava se anche lei sarebbe riapparsa in futuro, col volto mutato ma sempre la stessa…si domandava se gli artisti l’avrebbero riconosciuta, se si sarebbero ricordati di lei…Poi qualcun altro scese in quello scantinato, un artista che la conosceva bene. Si avvicinò a lei senza parlare, sapeva che stava ascoltando l’acqua e pensando…la guardò negli occhi illuminati dal bagliore della sigaretta cercandovi i suoi pensieri tra il riflesso del fumo. Lei lo implorò di non catturare il suo pensiero…almeno per una volta…lo implorò di non immobilizzare il suo pensiero nel cristallo dell’arte, di non condannarlo a restare eternamente uguale a sé stesso. Che almeno per una volta il pensiero che si esalava da lei insieme al fumo della sigaretta potesse assaporare la gioia di perdersi e di ritrovarsi diverso. Implorò l’artista di lasciarla uscire da quello scantinato per poter soffiare il suo pensiero nel mare dove tutto muore per rinascere…Sì, voleva raggiungere il mare…Salì le scale inseguendo il miraggio di una via d’uscita, le sue mani contro le porte chiuse producevano lo stesso scalpiccio delle ali di una rondine spersa nei meandri della trasmigrazione. Riuscirà ad uscire da lì, prima o poi. E raggiungerà il mare. Rivers always reach the sea ( Led Zeppelin, Ten Years Gone, Physical Graffiti ).
 
 
Eva Colombo, A tale that can’t be told, first chapter: Women whose life doesn’t flow
It is night and I don’t sleep. It is raining no more. All day long the hypnotic drumming of rain has smitten my umbrella and now that I am at last sheltered it is raining no more. But am I really sheltered? I still hear that drumming…it is no more the rain, who knows what it is… It has been one of those days of November in which my life rather than flows it curled up as a dead leaf…every street which I ran along seemed an Escher’s stair, the eyes of everyone I met seemed dead ends. And now I can’t sleep even if my eyes are shedding tiredness’s tears…something is still smiting my temples with an hypnotic drumming. It is not the rain, they are not my tears…neither my heart. Well, I admit…I know what is drumming in the heart of the night. It is a tale that can’t be told, a tale that I know…and that I will not tell. I can’t… I don’t want to tell it. But its hypnotic drumming doesn’t let me sleep and forces me to lean dangerously over it, to look at it. And yet I have to let something of this tale come to the surface, and yet I have to bring to light some fragment of this tale if I want to deserve a bit of sleep. But my voice is trembling…how can you understand what I have to tell you if my voice is trembling with the gurgling sound of a clogged wash – basin…my tired eyes are shedding hopeless tears while I’m looking some fragment of this tale emerging again…well, I will limit myself to describe these fragments, I am not able to do anything else. The drumming is keeping on: clear and precise, so real…if only my words could reach you as much clear and precise, as much real…
The first fragment is this. A November night, a young woman whose life doesn’t flow that looks at the Lady of Shalott portrayed by John William Waterhouse in 1888. She looks at her white dress and red hair, at the hand that is unchaining the boat and the lips that are half – opening to exhale the swan song. She looks at the Lady of Shalott who has for a moment glimpsed love reflexed in that mirror which was all her life until she has glimpsed love on it…and the mirror has been broken…She looks at the mournful black boat and the water of the river which will not join the Lady of Shalott and real life…And suddenly the young woman whose life doesn’t flows remembers something. It was November 1967, in San Francisco. The Lady of Shalott of the white dress and red hair waved fluently on the poster drawn by Bob Masse for the concert of Janis Joplin at the Avalon Ballroom, Saturday 25th of November. Yes, she should has seen her there…that night at the Avalon Ballroom there was the Lady of Shalott too. The red gold of her hair lightened unknown paths that she was looking forward to run along, her hands wove ropes with which making an assault on the sky, her bare foots danced on the broken bits of the mirror without wounding themselves…
The second fragment is this. A November night, a young woman whose life doesn’t flow that looks at Dante Gabriel Rossetti’s Proserpine appeared at one of the windows of the cover of Physical Graffiti, the Led Zeppelin’s 1975 album. The young woman looks at her and remembers of having already seen her…not in the Manhattan’s tenement which appears on the album’s cover but in another Manhattan’s building: which one of the Electric Lady Studios. Yes, she is sure of this: Proserpine was a sad – eyed groupie wearing a dress which seemed to be made of water rippled by rock ‘n’ roll vibrations. She has seen her going down into a basement where this melancholic groupie claimed of being able to hear the swash of the Minetta Creek ( the subterranean watercourse which runs across Manhattan ). Yes, Proserpine usually went there to listen to the water and to think…alone, in the dark. And while the smoke of the cigarette caressed her face, she thought. She thought about the artists that in this very building were creating their works of art shaping the clay she has took for them from the bed of the black river of her melancholy. They said that she was a muse, their muse. And she knew that muses are goddesses connected with memory and moon…moon disappears and appears again, changes her face and remains herself all the same. She wondered if her too would reappear in the future, with another face but always she herself…she wondered if the artists could recognize her, if they would remember her…Then someone else went down into that basement, an artist who knew her very well. He approached her without talking, he knew that she was listening to the water and thinking…He stared her into the eyes lit up by the cigarette’s glow looking for her thoughts through the veil of the smoke. She begged him to leave alone her thoughts…at least for this time…she begged him to renounce of immobilizing her thoughts into the crystal of his art, to renounce of damning them to an ever – lasting stillness. At least for this time, she begged, may the thoughts that I’m exhaling along with cigarette’s smoke taste the joy of losing themselves and finding out themselves changed but always they themselves. She begged the artist to allow her to leave that basement, she begged the artist to let her blow her thoughts into the sea where everything dies to be born again… Yes, she would reach the sea…She went upstairs following the mirage of an escape route, her hands against closed doors made the same shuffling sound of that made by the wings of a swallow lost into the meanders of transmigration. She will succeeded in coming out of there, sooner or later. And she will reach the sea. Rivers always reach the sea ( Led Zeppelin, Ten Years Gone, Physical Graffiti ).