Eva Colombo, I fiori ed il mare, Capitolo quinto: I papaveri di Arianna ( Ispirato dal quadro di John William Waterhouse Ariadne, 1898 )
 
Eva Colombo, I fiori ed il mare, Capitolo quinto: I papaveri di Arianna ( Ispirato dal quadro di John William Waterhouse Ariadne, 1898 )
La luce dell’alba sfiorava il cielo notturno come una rosa che sfiora il mare. All’orizzonte, la stella Sirio ardeva come gli occhi di chi ha trascorso una notte d’estate a guardare il buio con gli occhi bene aperti perché il buio potesse rispecchiarvici e lenire la solitudine a cui è condannato dalle giornate estive troppo lunghe. Poi il sole dischiuse la corolla dei papaveri e ti sei addormentata ascoltando l’ipnotico ronzio delle api. Sognavi di precipitare in un abisso ma non ti abbandonavi alla disperazione perché sul fondo di quell’abisso scorgevi un lucore madreperlaceo sprigionato da un enorme fossile di una conchiglia di ammonite. E danzavi seguendo la spirale della conchiglia ed era come salire la scala del Bovolo, a Venezia. Giungevi in cima, vedevi il mare. Invertivi la direzione della danza, scendevi la scala. E raggiungevi il mare. Il mare che ricorda ti portava in dono il tuo passato come fosse l’alga più verde, la speranza più vivida per il tuo futuro. Hai riaperto gli occhi che era il tramonto ed il mare intriso di sole aveva il colore del vino. I papaveri che fremevano al tocco delle api erano come calici colmi di un vino dolce come il miele, ipnotico come lo sciabordare del mare. Hai incrociato lo sguardo di un uomo che non aveva paura di precipitare nell’abisso dei tuoi occhi. E lui vide che la scintilla dell’amore nei tuoi grandi occhi scuri era come una stella che splende in un labirinto, e seppe che la libertà è il dono del tuo amore.