Eva Colombo, Il nostro oro, capitolo settimo: L’ombra d’oro ( Ispirato dal
quadro di Elisabeth Sonrel Our Lady of cow parsley )
Era il più bel giorno dell’estate indiana e la luce del sole valeva come l’oro.
Ti sei affrettato lungo la strada che conduce a quell’ansa del fiume che sembra
protendersi verso il tramonto come se non volesse lasciarlo andare. Speravi che
la luce del sole ti sfiorasse come una benedizione mormorata ma la riva del
fiume era ingombra di gente che ghermiva la luce del tramonto, che voleva solo
per sé l’oro del sole. Allora hai cercato l’ombra degli alberi perché sentivi le
lacrime bruciarti gli occhi e ti sei accorto che ad oriente la luna era già
sorta. La luce della luna di novembre leniva il cociore delle tue lacrime come
se una mano compassionevole avesse appoggiato due fredde monete d’argento sulle
tue palpebre. Al calare della notte sei tornato sulla riva del fiume; non c’era
più nessuno e ti sei chinato sulla terra martoriata dal calpestio della gente
avida. La luce della luna vi si posava come fredde monete d’argento per lenirne
il dolore ed era come se una voce ti ricordasse che in primavera quelle monete
si sarebbero trasformate nei fiori bianchi del cerfoglio selvatico e tu pensasti
all’ombra che sottoterra preserva la vita delle radici in una fredda notte
d’autunno. Ed era come se quella voce ti promettesse che in un abbacinante
giorno di giugno in cui il sole sembra non tramontare mai e l’ombra vale come
l’oro la vista dei fiori del cerfoglio avrebbe lenito i tuoi occhi come il
freddo argento della luna di novembre e che un’ombra compassionevole sarebbe
stata lì solo per te, un’ombra che ti guarderà con i miei occhi scuri attraverso
il cerfoglio selvatico. |