Forse la pietra su cui Munch tracciò il ritratto della violinista Eva
Mudocci era una pietra caduta dal cielo, forse Munch ha semplicemente reso
visibile il volto della divinità che abitava quella pietra. Sì… dev’essere stata
una pietra caduta dal cielo durante una tempesta: quando il fuoco e l’acqua si
mescolano, quando il cielo e la terra si congiungono. Eva turbina come una
nuvola tempestosa, una di quelle nuvole che ricorda agli esseri umani che il
cielo esiste. È bianca nera e grigia come il lampo la cenere ed il fango, come
una tempesta che ricorda agli esseri umani che i colori sono un dono che non
meritano. Sul suo petto, una spilla esagonale le infonde serenità nel mezzo del
tumulto ricordandole che sei sono i giorni della Creazione, sei sono i colori
dell’arcobaleno. Lei guarda oltre, guarda gli sprazzi di sereno tra le nuvole
tempestose e sa che quando vedrà l’arcobaleno sarà il momento di afferrare
l’archetto del suo violino.
Veronica Veronese, nel quadro di Rossetti, ha appena distolto gli occhi
dall’arcobaleno e afferrato l’archetto del suo violino. La tempesta è passata e
la sua anima è verde, e la sua anima fiorisce. Sul suo collo, una collana di
gocce argentee le ricorda che la pioggia e le lacrime sono state necessarie per
fecondare la sua anima. Ora il tumulto è finito e Veronica assapora qualche
istante di quiete. Ascolta un canarino e forse pensa a quell’arcobaleno, a
quelle gocce di pioggia che hanno reso visibili i colori della luce. Stringe
l’archetto del suo violino e forse benedice quelle lacrime e quell’archetto che
rendono la voce della sua anima musica per orecchie umane. |